Qualche tempo fa, su Pillole di Bit, il mio podcast di tecnologia, vi avevo caldamente consigliato l’ascolto di Stories di Cecilia Sala. Dal 9 Maggio 2022 questo podcast passerà in esclusiva su una sola piattaforma, questa cosa mi ha fatto uscire di testa. Con calma, perché con il rant mi sono fatto sospendere da Twitter per 12 ore, vi spiego perché.
I podcast, dall’inizio, hanno avuto un canale standard di diffusione: il feed RSS.
Il feed RSS è un sistema open, a disposizione di tutti, per farci un po’ quello che ti pare.
Per questo motivo sono nati gli aggregatori RSS che, presi i feed RSS da più fonti, li aggregano in modo organico. Se sono articoli, permettono di avere una sorta di rassegna stampa personale, se sono file audio, la propria stazione radio personalizzata.
Quando ho iniziato ad ascoltare podcast, erano i tempi di Tecnica Arcana e RockCast Italia, ciao Carlo e Franco, non avevo connessione dati in mobilità, avevo un iPod nano e potevo dire a iTunes di sincronizzare i podcast sul mio PC e poi lui scaricava le tracce audio sull’iPod, andavo in macchina e avevo di che ascoltare.
Con il tempo è arrivato internet sulla SIM, gli smartphone e le app specifiche per aggregare i podcast.
Queste app, che nel tempo hanno fatto passi da gigante, si iscrivono ai feed RSS dei vari podcast, scaricano le tracce audio quando queste escono e io telefono è in WiFi, fanno le playlist, permettono di mettere alcuni podcast con priorità, in modo che siano da ascoltare prima degli altri, anche se sono usciti dopo, Stories era tra questi, e molte altre opzioni, come ascoltarli più velocemente o più lentamente, equalizzare in modo diverso la voce, taglia inizio o fine a seconda di sigle o pezzi ripetitivi, il tutto personalizzato per singolo podcast.
Insomma, il massimo della personalizzazione dell’ascolto delle trasmissioni preferite.
Mi abbono e poi l’app fa tutto da sola, la mattina salgo in auto, ma potrebbe essere sui mezzi o andando a correre o facendo le pulizie, apro l’app, faccio play ed è già tutto pronto.
Poi sono arrivate le piattaforme proprietarie e hanno deciso di entrare nel mondo dei podcast, spaccando tutto.
Premetto che so perfettamente che non viviamo nel mondo fatato, che le produzioni di un certo pregio hanno bisogno di soldi, sapete che anche io ho dei costi per il mio piccolo podcast, e ci va qualcuno che in cambio dei soldi che investe ne abbia un ritorno.
Le grandi piattaforme evidentemente ci guadagnano dalla pubblicità, dagli abbonamenti, dai dati che ricavano dagli ascoltatori, un po’ come fanno tutti i fornitori di servizi digitali gratuiti.
In cambio l’unico modo per ascoltare i podcast in esclusiva è quello di passare dalla loro app.
L’esperienza però cambia. Per me il primo problema è questo.
Per ascoltare i podcast in esclusiva su altre piattaforme devo rimbalzare tra la mia app di podcast preferita e quelle loro, magari mentre sto guidando o mentre sto correndo, o con le mani sporche perché sto facendo le pulizie. Per essere preciso, io non corro, era un esempio.
Tra le altre cose, allo stato attuale, le app che non sono dedicate solo all’ascolto dei podcast sono molto indietro rispetto alle app specifiche, se non ha scaricato offline devo ascoltare il podcast in streaming e magari nel tragitto casa lavoro ho una zona dove non c’è segnale o non ho tutti questi dati da consumare tutti i giorni. Anche in fatto di miglioramento dell’ascolto e personalizzazione del singolo podcast, rispetto ad Overcast, app che uso io, è mille anni indietro.
La frammentazione, come è successo già con film e serie TV, porterà le persone ad ascoltare meno roba, invece di espandere gli ascolti e allargare le conoscenze.
Tra app private di servizi che fanno i loro podcast, servizi a pagamento, esclusive, per ascoltare i podcast tra un po’ si deve fare come quando si sceglie un film.
Da che app partiamo oggi?
Overcast, Il post, Storitel, Audible o Spotify? E intanto si arriva tardi in ufficio, perché passarle tutte per vedere che podcast sono usciti quella mattina richiede tempo.
La grossa differenza è che fatta la scelta per un film, poi sto tranquillo per 2 ore. Pensate invece ai podcast che durano 15-20 minuti. Cambiare app di continuo.
Esco, metto su l’app del Post perché voglio ascoltare Morning, finito, prendo in mano il telefono, passo a Spotify e cerco Stories, nah adesso no, è diventato verde, al prossimo semaforo, finito Stories apro Overcast dove c’è Dee Giallo e gli altri che seguo da feed RSS. Capite che è un disastro?
Lo so che il mio è un discorso inutile, ogni servizio, ormai, deve trattenere gli utenti sulla sua piattaforma per monetizzare, permettetemi però di dire che questo ha snaturato l’idea della diffusione dei podcast e fa schifo.
Perché allora Pillole di Bit sta su tutte le piattaforme?
Perché così chi ascolta da una certa piattaforma lo trova anche lì, senza avere l’obbligo di passare ad un’altra app, per vedere se è uscito o per poterlo ascoltare. Cerco di stare dalla parte di chi ascolta, almeno ci provo a rendervi la vita un po’ più facile.
Non ho alcuna intenzione di darlo in esclusiva, con i miei numeri nessuno lo vorrebbe, comunque, e non ho intenzione di metterlo su piattaforme a pagamento.
Se siete arrivati fin qui, scusate per lo sfogo e grazie per l’ascolto, ci sentiamo la settimana prossima.
Ah, da lunedì prossimo sarò disoccupato, ma per poco, così mi riprendo un attimo prima di iniziare il nuovo lavoro.
Condividilo con i tuoi amici!
Mi piace:
Mi piace Caricamento...